Si può uscire dalla crisi dopo una dose da cavallo di austerità. Dall’Irlanda giunge un cauto ottimismo dopo la bolla immobiliare, il maxi prestito internazionale di 67,5 miliardi e il piano di tagli che ha creato molta disoccupazione.
Il ministro delle Finanze Michael Noonan pochi giorni fa, davanti alla stampa internazionale ha espresso parole di speranza: «Siamo entrati in un programma di salvataggio perché non riuscivamo più a finanziarci sui mercati, ma ora abbiamo modernizzato l’economia e siamo alla fine del viaggio».
Certo ancora l’economia non è del tutto guarita ma i passi in avanti sono evidenti: il deficit è calato dal 30,9% del Pil nel 2010 al 7,7% l’anno scorso e l’obiettivo è ora portarlo al 2,9% nel 2015; la crescita, seppur modesta, è ripartita grazie all’export (mentre la domanda interna è asfittica), con un +0,7% nel 2012 e previsioni per un’accelerazione quest’anno e nel 2014 (+1,1% e +2,2%).
Con questi numeri l’Irlanda è riuscita a strappare condizioni vantaggiose, allungando le scadenze e pagando interessi più bassi con effetti benefici sul suo debito pubblico che veleggia intorno al 120%.
L’obiettivo finale è tornare sui mercati finanziari, forse a novembre quando terminerà il programma di salvataggio. Su questo fronte gli irlandesi si muovono con i piedi di piombo, consapevoli della delicatezza del passo. Ma anche qui i test effettuati mostrano un moderato ottimismo.
Rimane la questione lavoro che si gioca però a livello europeo. Il governo dell’isola ha appena varato un piano di stimoli, ma la disoccupazione resta inchiodata al 14,1%, quella giovanile attorno al 30.
Il laburista Brendan Howlin, ministro per la Spesa pubblica si fa interprete di un’inquietudine che attraversa tutto il nostro continente: «Se l’austerity non verrà bilanciata da lavoro e misure per la crescita, distruggerà il centro politico in Europa».