Una strada per arrestare il declino del nostro tessuto produttivo. Da inizio 2013 si stanno moltiplicando sempre più i casi di aziende italiane, in crisi di liquidità, acquistate da aziende straniere a prezzi di saldo.
Tra dicembre dello scorso anno e l’inizio del 2013 lo shopping ha mostrato segnali di risveglio: il controvalore ha già raggiunto quota 3,8 miliardi, più della metà di quello realizzato nel 2012. Secondo autorevoli studi tra il 2008 al 2012, sono state 437 le imprese italiane acquisite da aziende estere per un valore di 55 miliardi.
Alla più recente ondata di acquisizioni ha contribuito sicuramente la ritrovata credibilità sui mercati internazionali dell’Italia. Un trend che tuttavia non dovrebbe arrestarsi dopo i risultati elettorali. Anche perché i nostri gioielli costano poco, hanno molte conoscenze, insomma sono buone aziende.
Gli economisti sono divisi in proposito: c’è chi afferma che il volume di acquisti è un buon segno della vitalità delle nostre aziende che, il più delle volte, non vengono trasferite all’estero, ma anzi rilanciate con programmi ambiziosi che porteranno benefici anche in Italia.
La preoccupazione resta comunque alta, per i settori strategici e non solo. Tanto che i nostri servizi segreti hanno lanciato l’allarme e parlano nella loro relazione al Parlamento di «azione aggressiva di gruppi esteri» che mirano a «patrimoni industriali, tecnologici e scientifici nazionali», nonché «marchi storici. Un grido che il governo, sia pur dimissionario è pronto a cogliere. Il prossimo Consiglio dei ministri dovrebbe approvare il regolamento attuativo della riforma della golden share.
Con questo regolamento lo stato potrà porre condizioni molto restrittive o addirittura opporsi all’acquisto di quelle ex aziende pubbliche ora privatizzate, nei settori strategici come l’energia, i trasporti e le comunicazioni. Per questa ragione il governo ha preparato un regolamento che prevede per lo Stato la possibilità di esercitare “poteri speciali”, recependo i rilievi della Commissione Ue per uniformarsi alle regole sul mercato unico.