C’è chi scopre l’acqua calda, anzi l’economia del mare detta anche Blue Economy. Non è una sorpresa per me che da sempre credo nell’importanza del turismo, e non solo, per tutto il Sud. Nonostante la crisi, nel periodo 2009-2011 l’economia legata al mare ha dato segni di tenuta, sia sotto il profilo dell’occupazione e delle imprese. Sul fronte del lavoro, a fronte della perdita totale nel periodo di 97mila posti di lavoro (-0,4%), l’economia del mare ha fatto segnare un incremento stimato di 11mila unità (+1,4%). Sul fronte delle imprese, invece, nel triennio 2010-2012 il tessuto imprenditoriale è aumentato di quasi 7mila unità, un più 3,4%, superiore allo 0,1% per il totale dell’economia economia.
Il suo contributo al valore aggiunto prodotto nel nostro paese ammontava nel 2011 a 41,2 miliardi di euro, con una incidenza sul totale del 2,9%: quasi il doppio di quanto prodotto dal comparto del tessile, abbigliamento e pelli (21 miliardi) o delle telecomunicazioni (22 miliardi), e quasi il triplo di quello del legno, carta ed editoria (poco meno di 15 miliardi).
La quota più significativa (il 45% del totale), si deve ai settori più tradizionali della cantieristica e dei trasporti di merci e persone, seguiti dalla filiera ittica e dall’industria estrattiva marina (intorno al 6-7% ciascuno, pari a 2,5-3 miliardi). Poco meno di un terzo (oltre 15 miliardi di euro), si riferisce alle attività legate al turismo, cui si deve il 37% del valore aggiunto creato. A distanza segue il cosiddetto “terziario avanzato”, ricerca, regolamentazione e tutela ambientale, che contribuisce per il 18% ovvero più di 7 miliardi di euro.
Dal punto di vista occupazionale, i quasi 800mila lavoratori impiegati nell’economia del mare rappresentano il 3,2% dell’occupazione complessiva del Paese.
L’economia del mare italiana si concentra prevalentemente nel Centro-Sud (60% del valore aggiunto e 64% in termini di occupati): soprattutto nel Lazio, Sicilia, Campania e Puglia. Insieme coprono circa il 40% del valore aggiunto dell’economia marina nazionale e il 43% degli occupati generati dal comparto.