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In Italia l’incubo deflazione?

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La crisi gela i prezzi, con l’inflazione che a settembre crolla allo 0,9%. In Europa si ferma invece all’1,1%, secondo Eurostat. Per trovare una crescita più bassa bisogna tornare al 2009, quando sotto i venti della recessione i listini segnarono una calma piatta come non si vedeva da decenni. E rispetto ad agosto l’Istat stima addirittura una variazione negativa (-0,3%).

Una buona notizia? Solo apparentemente, perché i dati aprono le porte allo spettro della deflazione, ovvero a una fase di discesa dei prezzi, fenomeno solo apparentemente vantaggioso per le tasche dei consumatori.

Se per certi versi cresce il potere d’acquisto, dall’altra tutto accade a causa di consumi deboli, o meglio di un’economia dall’encefalogramma piatto con ricadute negative su occupazione e produzione.

Quello di settembre è solo l’ultimo di una serie di rallentamenti che hanno portato nel giro di un anno a una fortissima riduzione della crescita dei prezzi. Basti pensare che solo a ottobre del 2012 il tasso era tre volte tanto e giusto sette mesi fa era il doppio. Ora, dopo quattro anni, si è di nuovo scesi sotto la soglia dell’1% e il rischio che si inneschi una spirale più che essere contrastato da una prossima ripresa, sembra poter essere scongiurato dall’aumento dell’aliquota Iva, scattato proprio oggi.

Lo scalino sui prezzi ci sarà, si stima dello 0,6%, nonostante si moltiplichino le dichiarazioni, pubblicitarie, di catene di supermercati e di aziende che non “vogliono scaricare l’aumento dell’Iva” sui consumatori.

Comunque l’Italia non è la sola a sperimentare la frenata, anche in Eurolandia il termometro dei prezzi segna un raffreddamento, con l’indice sceso a 1,1% sempre a settembre. L’incubo deflazione è da 15 anni presente anche in Giappone.

Il calo è dovuto in massima parte alla diminuzione dei prezzi dei carburanti, mentre rispetto ad agosto a pesare sono stati i ribassi stagionali. Guardando ai commenti: i commercianti sono concordi nel dire che si tratta di un chiaro segnale di crisi dei consumi.  Diverso il parere dei consumatori che bollano come ”inattendibili” i dati dell’Istat.

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