Eugenio Filograna: “Basta con la disparità tra donne in maternità”
Il presidente dell’Associazione Autonomi e Partite iva interviene senza mezzi termini sulla discriminazione tra donne in maternità autonome o partite iva con quelle assunte in imprese pubbliche o private
“Basta con la disparità tra donne in maternità. L’impegno dell’Associazione Autonomi e Partite Iva ha fatto sì che si limitassero le differenze tra chi ha una partita iva o è una lavoratrice autonoma, rispetto alle donne con un contratto di lavoro, ma la disuguaglianza è ancora tanta
Le donne autonome e quelle con partita iva che hanno conquistato l’autonomia nel lavoro, in maternità sono ancora discriminate rispetto a quelle dipendenti di aziende pubbliche o private.
Questa da anni è stata una delle nostre battaglie che ha contribuito a portare alla modifica di una legge da parte dall’allora Primo Ministro Draghi.
Oggi, forse anche per le nostre continue insistenze, la situazione è cambiata, anche se restano ancora delle disparità notevoli che il nuovo governo dovrebbe affrontare e regolarizzare. Infatti la lavoratrice dipendente può normalmente mettersi in maternità due mesi prima e tre mesi dopo il parto, oppure decidere in maniera diversa. Potrebbe anche mettersi in maternità già dal primo mese di gravidanza, qualora la maternità fosse a rischio; viene in questo caso la lavoratrice pagata dall’Ente o dall’azienda pubblica o privata per la quale lavora.
Basta con la disparità tra donne in maternità. Una donna che invece lavora con la propria partita iva, o una lavoratrice autonoma, normalmente ha diritto a mettersi in maternità solo due mesi prima o tre mesi dopo il parto.
La domanda potrà farla a posteriori e ricevere una indennità, e solo se è in regola con il pagamento dei contributi; diversamente non può farlo. E’ vero che è stato previsto un aumento del salario per la maternità per le lavoratrici autonome, ma esso è legato al reddito dichiarato.
E’ indiscutibile che i costi e le situazioni psicofisiche delle donne in maternità sono esattamente gli stessi. Una donna che aspetta un bambino, ed ha una attività in proprio, non solo rischia di chiuderla se è l’unica a portarla avanti, ma deve far fronte anche alle difficoltà del mancato incasso e dei costi che comunque deve affrontare (fornitori, utenze, fitti, tasse); ovviamente tutto questo causerà una perdita che inciderà sicuramente sulla dichiarazione dei redditi successiva.
Noi Autonomi e Partite Iva apprezziamo il passo fatto dal Governo Draghi, ma auspichiamo che venga vagliata la possibilità, dal nuovo Governo presieduto dal Presidente Meloni, di un bonus durante la gravidanza per le future mamme con una partita iva o alle autonome con ritenuta d’acconto, piuttosto che darlo solamente a chi si sposa in chiesa o altrove.
A questo proposito saremmo curiosi di sapere se, chi si sposa e poi divorzia e decida di risposarsi altre volte, possa prendere sempre il contributo fino a 20.000 euro.
Il bonus, dunque, dovrebbe essere assegnato soprattutto alle donne con partita iva e alle lavoratrici autonome, proprio per le difficoltà sopra elencate, per colmare la disparità rispetto al trattamento delle dipendenti pubbliche o private.
Oltretutto problematiche di questo genere limiterebbe alle donne con una attività d’impresa, sia autonome e sia con la partita iva ad evitare la maternità con conseguente ripercussione sul calo delle nascite che in Italia è già molto basso.