Molti cittadini leccesi, nel richiedere le misure catastali, hanno scoperto che la rendita dei loro appartamenti è aumentata del 20%. La rivalutazione in realtà riguarda anche studi, negozi e laboratori artigianali.
Le conseguenze dell’operazione portata avanti dall’Agenzia del territorio fanno pensare a una batosta per quanto riguarda i tributi locali, a partire dall’Imu, perché se le aliquote vengono applicate ad una rendita maggiore è ovvio che il risultato è di un esborso più pesante per il contribuente. Un’ulteriore tegola che si aggiunge ai tanti rincari già previsti per il 2013.
Ora centinaia di leccesi sono scesi sul piede di guerra, assistiti in gran parte da associazioni dei consumatori, per contestare la legittimità di questo provvedimento davanti alla Commissione tributaria provinciale. Molti contestano il provvedimento perché avrà l’effetto di far pagare di più chi possiede alloggi popolari e periferici.
Sembra che le ragioni dei cittadini non siano senza fondamento. Da più parti infatti si parla di un errore tecnico che ha indotto ad applicare alcuni parametri in modo maldestro. In particolare si contesta che non tutti gli immobili sono uguali solo perché appartengono a una stessa microzona.
Ma in realtà il nodo più che tecnico è politico. La decisione di rivalutare le rendite è stata presa nel 2010 quando la crisi economica era già in corso ed era prevedibile che la situazione si sarebbe aggravata. Perché procedere alla rivalutazione quando le famiglie sono già in difficoltà? Non è meglio aspettare e chiedere all’Agenzia delle Entrate di non portare a termine l’operazione?
Sempre che sia ancora possibile fermare un procedimento che è già avviato.