I collaboratori di giustizia sono essenziali per debellare le organizzazioni mafiose che bloccano lo sviluppo del Sud, ma ormai anche del Nord. Un fenomeno che coinvolge un numero rilevante di persone fra pentiti, familiari e forze di polizia.
Alla fine del 2011, si legge nella relazione sulle misure di protezione, erano sotto copertura 1.181 titolari di programma, ripartiti in 1.093 collaboratori e 88 testimoni. Rispetto a metà 2011, i collaboratori sono aumentati di 29 unità, mentre il numero dei testimoni si è mantenuto stabile. Sempre alla fine del secondo semestre 2011, «i familiari inseriti nei programmi di protezione risultavano complessivamente 4.209, suddivisi in 3.920 congiunti di collaboratori e 289 di testimoni». Anche questo dato, confrontato con quello rilevato alla fine del primo semestre 2011, quando il totale dei familiari ammontava a 4407 unità, risulta in diminuzione. Tali cifre – si legge nel rapporto- segnalano che l’insieme della popolazione protetta ha subito una lieve flessione, passando dalle 5.559 unità registrate nei primi sei mesi del 2011 alle 5.390 del secondo semestre.
La ripartizione dei collaboratori per aree di provenienza indica che la camorra è l’organizzazione criminale con il maggior numero di rappresentanti nel sistema tutori o (452 elementi), seguita dalla mafia (303), la ‘ndrangheta (123), la sacra corona unita (106) e altre organizzazioni (109).
La stessa ripartizione applicata ai testimoni mostra che la maggior parte di essi ha riferito su reati ascrivibili alla camorra (30), seguono coloro che hanno testimoniato sui reati della ‘ndrangheta (22), della mafia (16), della sacra corona unita (6) e di altre organizzazioni (14). Tra le donne inserite nel circuito tutori o come collaboratrici della giustizia, 19 appartengono alle fila della camorra, 9 alla mafia, 9 alla ‘ndrangheta, 9 alla sacra corona unita e 18 ad altre organizzazioni.
Tra le testimoni, 10 fanno riferimento alla camorra, 6 alla ‘ndrangheta, 1 alla mafia e 9 ad altre organizzazioni. «È opportuno evidenziare -si legge nella relazione- che tuttora non vi sono donne che abbiano testimoniato su reati riconducibili alla sacra corona unita».