Siamo arrivati al punto che le tasse non possono più essere alzate, ma non si riesce neanche ad abbassarle. Per farlo è necessario tagliare le spese dello stato. Su un totale di circa 800 miliardi, la spesa pubblica al netto degli interessi e della spesa per prestazioni sociali (dati 2012) è pari a 351 miliardi di euro: 165 per stipendi dei dipendenti pubblici, 89 per l’acquisto di beni e servizi, 33 di trasferimenti a vario titolo alle imprese, 35 per altre attività, in cui rientra il costo delle assemblee elettive e solo 29 per investimenti pubblici.
In questi 351 miliardi bisogna trovare che cosa tagliare, lo sanno tutti. Il nodo è politico: i partiti non hanno il coraggio di farlo. Ci hanno provato in molti, da ultimo anche Mario Monti, ma ogni volta emergono interessi di parte che non fanno fare il passo giusto verso l’interesse generale.
In questo quadro di immobilismo giunge l’iniziativa del presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, che ha proposto l’istituzione di un Comitato bicamerale per la revisione della spesa pubblica composto da deputati e senatori delle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Dovrebbe essere presieduto dallo stesso Boccia, pd, e dal senatore del Pdl Antonio Azzollini.
Con questa mossa non si vuole lasciare solo il governo Letta a fare queste scelte che inevitabilmente, si spera, dovranno essere fatte. Del resto l’alleanza Pd-Pdl avrà un senso solo se riuscirà a portare a compimento una reale e incisiva spending review. L’ha già fatto a suo tempo la Germania, la stanno attuando molti altri paesi europei, è ora che si muova anche l’Italia.